Il rapporto di convivenza nelle operazioni immobiliari

11 Novembre 2014

fonte: Guida per il Cittadino - Consiglio Nazionale del Notariato.

È opinione ormai consolidata che il rapporto di convivenza tro-vi un suo riconoscimento anche nella Costituzione, e più pre- cisamente nell’art. 2 della Carta costituzionale, laddove si afferma che “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”.

La Corte Costituzionale ha riconosciuto la convivenza quale formazione sociale (ove l’individuo può svolgere la sua personalità) tutelata a livello costituzionale, benché la Corte medesima abbia sempre negato la perfetta equiparabilità della convivenza more uxorio alla famiglia fondata sul matrimonio. Tant’è vero che la stessa Corte Costituzionale ha anche utilizzato nelle sue sentenze1, per definire il fenomeno, l’espressione “famiglia di fatto” ove l’inciso “di fatto” sta a marcare la differenza tra il rapporto fondato sulla convivenza e quello fondato sul matrimonio, che trova un suo esplicito riconoscimento nell’art. 29 della Costituzione. 

La rilevanza costituzionale riconosciuta al rapporto di convivenza ha indotto la giurisprudenza, in questi ultimi anni,
a estendere anche ai conviventi una serie di diritti che le varie norme di legge attribuivano solo ai coniugi. 

L’unico documento che attesta legalmente la convivenza è il certificato di stato di famiglia che deve essere richiesto all’ufficio anagrafe del comune di residenza. L’attuale normativa in materia  stabilisce, infatti, che “agli effetti anagrafici per famiglia si intende un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitantiedaventi dimora abituale nello stesso comune”. 

Nel caso di unione fondata sul matrimonio la legge stabilisce i diritti e i doveri reciproci dei coniugi, anche con riferimento ai rapporti patrimoniali, sia durante la convivenza sia dopo la sua eventuale cessazione (per morte di uno dei coniugi ovvero per separazione o cessazione degli effetti civili del matrimonio). Nel caso di convivenza, la mancanza di una disciplina organica assimilabile a quella per i coniugi crea invece una situazione di precarietà, che assume particolare rilevanza proprio nel caso in cui cessi la convivenza stessa.

Spetta pertanto ai conviventi supplire al vuoto normativo, disciplinando i reciproci rapporti patrimoniali con le convenzioni più adeguate alle loro esigenze.

Per i conviventi gli strumenti negoziali (tutti gli atti, compresi i contratti, con i quali si può disporre dei propri diritti, come il testamento) e contrattuali (atti con i quali due o più persone regolamentano i loro rapporti) messi a disposizione dall’ordinamento assumono pertanto un rilievo fondamentale, perché – se realizzati durante la convivenza – permettono di evitare, nel momento in cui essa dovesse cessare (per volontà delle parti o per decesso), situazioni di alta criticità e litigiosità. 

Per riequilibrare i rapporti patrimoniali tra conviventi, in relazione al diverso contributo di ciascuno alla vita comune, potrà rendersi necessaria una ridistribuzione patrimoniale, che può essere attuata con:

 la donazione;
 la cessione a titolo transattivo previo riconoscimento dell’indebito arricchimento;

 la cessione a titolo oneroso previo riconoscimento di debito;

l’adempimento di obbligazione naturale;
 la costituzione del vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c.;

 il trust. 


Questo sito web utilizza i cookie
Questo Sito utilizza alcuni tipi di cookie tecnici necessari per il corretto funzionamento dello stesso, nonché cookie statistici e di profilazione anche di terze parti. Se vuoi saperne di più consulta la Cookie Policy.
Cookie Policy